Che siano estive o invernali, di diversi giorni o toccata e fuga, una cosa è certa: in vacanza all’ estero a noi italiani piace curiosare tra le corsie e gli scaffali dei supermercati. Più o meno ovunque, in Europa o nella più lontana Asia, mi è capitato di trovare le cose più strane, a volte lasciandomi felicemente sorpresa, altre volte decisamente più schifata. I prodotti in vendita sono un indicatore della società e fanno capire molto di una nazione. In Giappone i numerosi prodotti sulla skincare in vendita ovunque confermano l’attenzione delle donne giapponesi all’ estetica, così come negli Stati Uniti, la varietà di assortimento per ogni singolo prodotto, fa percepire la grande vocazione al consumismo, tipica degli americani. In questo post, vorrei concentrarmi proprio su quest’ultima nazione, raccontandovi di un prodotto che qualche anno fa mi ha stupito: il vino in lattina.
Il vino in lattina: una tendenza non solo americana
Dopo il tetra pak ed il bag-in-box, il vino è disponibile perfino in lattina ed ha già conquistato rapidamente mercati esteri come Stati Uniti, Asia, Australia e Nord Europa. Proprio negli Stati Uniti il successo di questa proposta alternativa ha ottenuto ottimo successo grazie ai Millennials (nati tra il 1981 e 1996) ed alla Generazione Z (nati tra il 1996 e 2005) che sembrano preferire la lattina alla classica bottiglia. Se vi state chiedendo i motivi per cui un consumatore dovrebbe scegliere la lattina, le ragioni non sono poi così banali.
Che vantaggi può avere un vino in lattina?
In un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui per questioni igieniche si predilige la monoporzione, il formato lattina è preferibile rispetto alla bottiglia che talvolta può essere usata da più commensali. Di conseguenza, in un’epoca in cui si sottolinea l’importanza del bere responsabilmente, la lattina permette una maggiore consapevolezza e controllo delle quantità. Se queste motivazioni però possono sembrare discutibili e opinabili, la lattina è anche sinonimo di sostenibilità ambientale, in quanto completamente riciclabile e, soprattutto per i più giovani, motivo di stile ed immagine.
E se portassimo il vino in lattina in Italia?
Se a livello internazionale il vino in lattina sta regalando buoni risultati, mercati più conservatori come Italia e Francia sono attualmente meno propensi al cambiamento. Personalmente da wine-lover non nascondo che avrei qualche difficoltà a bere un Prosecco o un qualunque altro vino da una lattina e, ad onor del vero, provo la stessa riluttanza per la birra, che preferisco nell’apposito bicchiere. Certo è che comunque alcuni vini potrebbero prestarsi senza problemi a questo nuovo imballo, mentre per altri -e penso ai rossi da invecchiamento- sarebbe un’utopia.
Ciao: il vino in lattina made in Italy
In provincia di Bologna si trova una cantina che produce ogni anno circa 12 milioni di lattine, esportate poi in Canada, Stati Uniti e Giappone. Se quindi abbiamo ancora qualche dubbio nel consumo del vino in lattina, non possiamo dire altrettanto per la produzione: la cantina Sgarzi Luigi è uno tra i principali produttori di vino in lattina in Europa. Il loro marchio “Ciao”, registrato dal 2003, è una parola italiana tra le più conosciute all’ estero, facile da pronunciare, ben comprensibile e testimonial di uno stile di vita unico al mondo. La gamma del marchio “ciao” comprende ben 7 vini e 5 cocktail a base di vino, pensati per un pubblico giovane che cerca sempre qualcosa di nuovo per essere trendy ed al passo con le nuove tendenze.
E se vi dicessi che l’invenzione del vino in lattina è tutta italiana? Il caso Giacobazzi.
Storciamo il naso per le bottiglie con tappo a vite, figuriamoci se ci proponessero un vino in lattina. Eppure, la richiesta di poter confezionare il vino su contenitori diversi da vetro, coccio o legno, nasce a fine anni Settanta da una cantina modenese. La lungimiranza della famiglia Giacobazzi, titolare dell’omonima cantina, portò a pensare alla lattina in quanto completamente riciclabile, leggera, senza rischi di rottura e facile da trasportare logisticamente. Qualche anno dopo il ministero diede l’autorizzazione temporanea per questo nuovo imballaggio, che fu adottato rapidamente anche da altri marchi rilevanti come Ramazzotti, Campari e Cavicchioli. Purtroppo però, a causa di inconvenienti burocratici che rallentavano e complicavano la produzione, la distribuzione delle lattine calò drasticamente fino a scomparire. Se oggi quindi ci sembra un’invenzione del tutto straniera, ricordiamoci che in quanto a creatività ed ingegno, pochi battono noi italiani.
Chissà se questa tendenza arriverà anche in Italia. Personalmente, pur riconoscendone i vantaggi, non so se poi lo acquisterei. Mi sento ancora affezionata alla vecchia cara bottiglia con tappo in sughero, possibilmente. E voi, come la pensate? Raccontatemelo nei commenti.